RICOMINCIARE
Intervento del poeta e filosofo Marco Guzzi al Teatro Faraggiana di Novara, 7 dicembre 2016
Ricominciare è possibile, oggi non solo è possibile, ma necessario. L’essere umano è quell’essere misterioso, unico al mondo che noi conosciamo, che può lavorare su se stesso, rivedersi e cercare un nuovo inizio.
È un potere dell’uomo che chiamiamo la libertà dello spirito. Lo spirito, questa cosa che non sappiamo cosa sia, ma sappiamo di averlo, di essere coscienti. C’è un immenso bisogno di ricominciare a tutti i livelli, perché c’è una fase di drammatica stagnazione e per ricominciare c’è poco tempo, prima che ci sia una catastrofe. Che pure è un cambiamento (etimologicamente: cambiare direzione).
Bisogna tornare a sperare, siamo depressi, bisogna pensare in grande, per grandi sintesi e questo è il gesto più realistico che possiamo fare. Insomma per salvare noi e il pianeta realistico è pensare in modo planetario.
Da dove dobbiamo ricominciare?
Ripartiamo da una situazione notturna, che dura da tempo, ne parlava già Holderling (1770-1843 nell’800.
Ma vaga ahimè nella notte, vive come nell’Ade
senza il divino la nostra progenie
al proprio agire convulso incatenata.
E ognuno nel fragore dell’officina solo ode se stesso
e molto lavorano i bruti con braccia poderose
e insonni, ma sempre e per sempre sterile
come le Furie resta la pena dei miseri.
Notte di un mondo in via di industrializzazione che porterà l’alienazione della fabbrica e dell’industria. Alienazione del lavoro meccanico. L’uomo diviene isolato, incatenato a questo lavoro, così è ancora oggi.
La notte è antropologico-culturale. Notte come smarrimento, non senso e angoscia (fino a tutto il XX secolo, qui si collocano i lager e le guerre).
Catherine Ternynck, psicanalista francese, nel libro “L’uomo di sabbia” scrive: “Ci sono voluti anni perché mi arrendessi all’evidenza, il suolo umano si era impoverito, era diventano anemico, friabile, inconsistente, mancava sotto i piedi. Il suolo umano stava perdendo il suo humus, virava alla sabbia, stavamo diventando uomini di sabbia!”.
Infatti la comunicazione di massa fa di tutto per renderci friabili: siamo rimpinzati di osceno e pubblicità. E nessuno grida. Quando ci sono, le grida non bastano, non vanno alla radice. Si può criticare qualunque cosa, persona, valore, ma nessuno prende in giro seriamente la pubblicità e il suo potere totalitario. Quello è il vero padrone. Le nostre menti sono disfatte, distratte. Invece ci vogliono menti d’acciaio.
Dal punto di vista macroscopico si può dire che il mondo è a un punto di rottura, i pochi residui pensanti parlano di un frullamento in un vortice planetario che travolge ogni ordine di senso, a questo proposito, due citazioni una cattolica e una laica.
Giuseppe Dossetti (1913-1996), monaco e uomo politico, negli anni ‘90 diceva “Siamo dinanzi all’esaurimento delle culture, non vedo nascere un pensiero nuovo né da parte laica né da parte cristiana. Siamo tutti immobili, fissi sul presente che si cerca di rabberciare in qualche maniera, ma non con il senso della profondità degli mutamenti. L’unico grido che vorrei far sentire oggi è il grido di chi dice aspettatevi delle sorprese ancora più grosse e più globali e dei rimescolii più totali, attrezzatevi per tale situazione”.
Jeremy Rifkin(1945),economista dice che siamo di fronte a una tempesta perfetta che è rappresentata dalla convergenza e dalla interazione di aumento dei prezzi dell’energia, accelerazione del cambiamento climatico, inasprimento dei conflitti locali, mentre un’umanità sempre più disperata lotta per sopravvivere in un pianeta sempre più inospitale. In ogni caso saremo responsabili della nostra condanna a morte che venga per mano del cambiamento climatico o per causa delle armi di distruzione di massa. L’attuale stato di cose e le tendenze che si stanno manifestando sono tutt’altro che confortanti.”
Dunque dobbiamo ricominciare dalla notte, da questa notte.
Ma l’annottamento è ambiguo, non solo negativo. Positivo è il fatto che molte cose in questo annottamento si sono sfaldare, molte cose da non rimpiangere, molte schiavitù. Siamo un momento cruciale di non ritorno.
Può essere una notte santa, di silenzio, di maturazione. Una notte di Natale, è nella notte che nasce il nuovo.
Verso dove deve andare questo ricominciamento:
Continuando la metafora della notte stiamo dunque faticosamente ripartendo verso una nuova giornata: la speranza, già presente in Holderling:
“Oh speranza! Presto, presto non solo i boschi
canteranno le lodi alla vita, perché questo è il tempo
che per bocca dell’uomo l’Anima più bella
dia il suo nuovo annuncio”
La meta è dunque l’alba, come dice bene in una sua poesia Yves Bonnefoy (1923-2016)
Se questa notte è altro dalla notte,
rinasci, lontana voce benefica, risveglia
l'argilla più grave in cui abbia dormito il seme.
Parla: non ero più che terra bramosa,
ecco alfine parola d'alba e di pioggia.
Ma parla ch'io sia la terra propizia,
parla se esiste ancora un giorno seppellito.
Il poeta è l’uomo, ognuno di noi ha un cuore gelato e per scongelarlo ci vogliono parole calde, non è possibile che sia solo notte, che finisca così…
Il punto è che si rinasce attraverso altre nuove parole. Nuove parole che servono a creare una nuova cultura e a farla irradiare.
Stiamo andando verso la catastrofe, ma possiamo almeno anticiparla, decidere cioè quando cambiare la direzione.
Bisogna desiderare cose grandi e trovare le parole perché in questa notte c’è un giorno seppellito. Un nuovo giorno è un altro modo di essere noi stessi, di essere un –io- umano. Insomma si tratta di una svolta antropologica.
Un atto libero di rovesciamento, decido io la catastrofé.
Ma è importante il fatto che: “non ci sarà una nuova relazione con la natura, senza un essere umano nuovo“ (Papa Francesco)
Quello che conta è unirsi, pensare ormai in termini planetari. Irrazionale e anacronistico è fare ancora discorsi sulla crescita (come la politica sta facendo), l’industrializzazione. Ormai ci vuole un cambio antropologico. Sarà qualcosa di faticoso, ma divertente.
L’Umanità deve diventare più consapevole, consapevole di essere relazione… Nessuno esiste come io separato. Eppure non lo capiamo, la cultura dominante ci fa credere che siamo entità separate per dominarci.
Ronald Laing (1927- 1989), grande psichiatra (gli psichiatri sono testimoni interessanti perché poco ideologici e vivono a contatto con la sofferenza psicologica concreta), Laing nel suo libro “L’io diviso” ha scritto: “La vera sanità mentale richiede che in un modo o in un altro l’io normale (notturno) scompaia, quel falso io che è riuscito ad adattarsi alla nostra società alienata”.
La sanità richiede che emergano i mediatori archetipici interni del potere divino e che attraverso questa morte avvenga una rinascita che porti a un nuovo tipo di funzionamento dell’io.”
Il nuovo tipo di funzionamento dell’io, questo è il giorno. Un lavoro continuo e faticosissimo.
Attraverso quale metodo si attua questo rinascimento?
Come collaborare a questo nuovo inizio?
Leonardo Boff (1938) dice ne “Il Tao della liberazione”: “In ultima analisi un mutamento nella nostra visione del cosmo richiede un’autentica rivoluzione del pensiero, una svolta interiore. Una conversione profonda deve fondamentalmente riorientare il nostro modo di essere al mondo”.
Dobbiamo ripensare i fondamentali: cosa è la relazione maschio femmina? Cosa vuol dire lavorare? qual è la legittima funzione dell’economia? Cosa significa democrazia? Cosa è bene? Cosa è male? Quali sono i diritti di una persona? Bisogna ripensarli perché non li abbiamo più, non c’è nessun accordo.
Riorientare la cultura planetaria, con una grande responsabilità creativa, è un atto realistico, l’unico possibile.
Bisogna andare verso un soggetto umano più consapevolmente relazionale, cosa che non sappiamo fare perché siamo naturalmente molto ego centrati. È un passaggio dunque difficile che non ci viene naturale. Questa però è la direzione evolutiva.
Tutto questo richiede un’immensa opera di formazione.
Come svilupparla prima di tutto dentro di me? Siamo pieni di paure e difese, tutte egocentriche. Non abbiamo una coscienza di vivere nel cosmo.
Valutiamo la nostra vita quotidiana pensando all’infinito universo nel quale viviamo, non come una metafora ma come una realtà? La realtà è che siamo tutti astronauti. Il resto è un luna park.
Ci sono già cose fatte, ma vanno raccolte e coordinate. Ci vuole una cultura e una prassi (formazione gruppi, quelli di Guzzi sono qui http://www.marcoguzzi.it/ ).
In conclusione occorre ribadire che prendere coscienza di questo rinascimento è anche gioioso. Come Guzzi stesso dice in questi suoi versi.